domenica 9 marzo 2008

AfFluente

Ho dato vita a un corpo
statico e blasfemo...
nel parlarmi con voce sibilante
fuoriusciva un alito di dolore
misto a vigore...
L'anima emerge,
sulla pelle striature di colore vecchio e sfocato.
Nel palesare identità si disconosce l'io,
che si dimena in labirinti invisibili.
Ora, il tono quasi plastico
ingurgita sapori a tratti lunghi.
Nella rapidità delle palpebre
gronda sete di sale.
Nell'idea,
giacimento di voluttà,
la serenità è rigore introspettivo.
Nella cosa,
piacevole inganno,
il disdegno è intelletto.
Un gesto ne genera innumerevoli,
nel volteggiare delle mani...
ogni disamina,
sviluppa interessi ad oltranza.
La follia è fuoco,
come febbre di vita.
La pelle cadente,
circondati da nessuna musica...
solo odori forti di natura,
letti di fiori,
orizzonti di monti.
Il fenomeno si compie,
mutando l'io in ciò che è.
Non più figure
ma enti...
intrecciati da fili indissolubili
senza tempo,
senza moto.
LC

1 commento:

Anonimo ha detto...

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Contro-culture

Troppo e troppo poco. - Oggi gli uomini vivono troppe cose e riflettono troppo poco: hanno insieme fame e colica, e perciò diventano sempre più magri, per quanto mangino. Chi oggi dice: "Non mi è mai successo niente", è uno sciocco. F.W. Nietzsche - Umano, troppo umano

"..... La poesia è distacco, lontananza, assenza, separatezza, malattia, delirio, suono, e soprattutto, urgenza, vita, sofferenza. È l'abisso che scinde orale e scritto."

Carmelo Bene